Lei è Erika. Vive in Piemonte. Ha una sorella gemella. Sono identiche e inseparabili. La madre è sempre fuori per lavoro, il padre ha altre priorità. Vuoi mettere stare al bar con gli amici? Erika preferisce così, quando lui è in casa sono insulti e umiliazioni. Lei e la sorella crescono con i nonni. Loro le portano al parco, le aiutano nei compiti e le viziano. Erika è felice, la casa dei nonni è la sua oasi. Ha 12 anni. Entra in stanza. La sorella si sta tagliando. Erika vede il sangue, non capisce. Cosa fai? Lei non risponde, ha lo sguardo perso. Erika sta studiando, la sorella prende il tappo della penna e lo ingoia. Erika urla, lotta con tutte le sue forze per farglielo sputare. Per fortuna ci riesce. Un’altra volta la becca a bere candeggina. Erika è piccola, ma capisce che qualcosa non va. Il medico ha la risposta. È borderline. D’improvviso la vita di Erika cambia. La sorella viene ricoverata in ospedale. Erika va a trovarla tutte le sere. La scuola, gli amici, niente ha più senso. Senza di lei si sente persa. In casa è uno schifo. Il padre beve e alza le mani. Erika si prende le mazzate, la madre si volta dall’altra parte per non vedere. Erika ha solo i suoi nonni. Loro la proteggono, ma dopo qualche tempo la nonna si ammala di Alzheimer, e il nonno muore all’improvviso. La sorella viene trasferita in una comunità, Erika può vederla solo una volta al mese. Non ha più nessuno. È sola. Accusa il colpo. Viene travolta dalla depressione e dai disturbi alimentari. Erika chiede amore. Riceve calci in faccia. Può contare solo su se stessa. Bene, sapete cosa vi dico? Basta piangersi addosso. Erika alza la testa. Finisce gli studi, trova un lavoro e va via di casa. Vive in un buchino tutto suo, dove raccoglie quello che resta di sé. Rinasce. Erika ha 21 anni. Lavora in un asilo nido, dà ai bambini tutto l’amore che non ha ricevuto. Si prende cura di sua nonna e fa visita alla sorella. Il senso di solitudine non la molla, ma oggi può dire ce l’ho fatta.
Lei è Erika
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