Lei è Emma. Nasce a Parkland, Stati Uniti, nel 1999. Il padre è avvocato, la madre insegna matematica. Emma è l’ultima arrivata, i suoi fratelli più grandi la adorano. Tutta la famiglia è innamorata di questa bambina vivace, sorridente, con gli occhi grandi. Emma cresce, intelligente e impegnata. Le piace scrivere e guardare le stelle. È leader della squadra di astronomia, è presidentessa dell’associazione studenti bisessuali. Ha tanti amici, tanti sogni. È il 14 febbraio del 2018. San Valentino. Emma ha 18 anni. È una giornata di scuola come tutte le altre. Lei e altri studenti sono nell’auditorium. Scatta l’allarme antincendio. Emma e i compagni si avvicinano all’uscita per raggiungere il punto di raccolta. Ma qualcosa non torna. In corridoio risuonano dei colpi. Sono degli spari. Qualcuno sta sparando dentro la scuola. È il caos. Gli studenti urlano, scappano, si riversano nei corridoi, nelle aule. Emma è paralizzata dalla paura. Gli insegnanti le dicono di restare in auditorium, e di nascondersi. Emma si inginocchia sotto un banco. Chiude gli occhi. Il cuore le rimbomba nelle orecchie. Trema, non vuole morire. Pensa ai genitori, ai suoi amici, chissà se stanno bene. Gli spari continuano. A ogni colpo sobbalza. Poi il silenzio. Emma apre gli occhi. È finita? Si alza in piedi, esce. Non vede nessuno. Corre. Scappa. Più forte che può. Emma è viva. 17 dei suoi amici non lo sono più. La sua vita non sarà più la stessa. Lei e i compagni di scuola fondano un’associazione. Vogliono che la sparatoria nel loro liceo sia l’ultima. È il 24 marzo del 2018. Emma partecipano a una manifestazione mondiale contro le armi da fuoco. Sale sul palco. È emozionata, ha il cuore in gola. Parla. Si rivolge al Presidente Donald Trump. Non servono più parole di conforto, ma fatti, leggi contro la diffusione delle armi. Poi si ferma. Ha gli occhi lucidi. Rimane in silenzio per sei minuti e venti secondi. Il tempo che è bastato al killer per compiere una strage. Emma Gonzalez fa una promessa. Continuerà a battersi, perché non succeda mai più.
Lei è Emma
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