Lei è Elisa. È una bambina, stravede per il suo papà, anche se è diverso dagli altri papà. Lui arriva sempre in ritardo, ai compleanni, alle recite, all’uscita di scuola. Elisa lo incrocia la mattina mentre prepara la cartella. Lei esce, lui va a letto. La notte non riesce a dormire se non lo sente tornare. Quando lui si mette a letto, lei si alza, controlla il suo respiro, i movimenti. Ha il terrore che gli capiti qualcosa, non sa perché. Cresce. Ha 16 anni. Il padre si butta ai suoi piedi, urla, è sconvolto. Cosa succede? Un suo caro amico è morto, in casa, da solo, se ne sono accorti dopo 3 giorni. Ti prego aiutami, non voglio fare la sua stessa fine. Elisa capisce, finalmente dà un nome a quella brutta sensazione che la tormenta da anni. Eroina. Il padre si droga. Ma vuole cambiare e le sta chiedendo aiuto. Elisa lo solleva da terra, lo prende per mano e lo accompagna in una comunità. Gli fa una promessa, ne usciremo insieme. Passano i mesi. Elisa non lo molla. Lo vede ridere, e un momento dopo andare in crisi e sbattere la testa contro il muro. Gli pulisce il sangue quando si fa male, controlla il suo respiro nel sonno. Lo osserva riscoprire la vita poco alla volta, piangere davanti a un tramonto, mangiare il suo dolce preferito. Elisa è con lui il giorno in cui i suoi occhi tornano azzurri, limpidi. Ce l’ha fatta, il suo papà è tornato. Passano gli anni. Un giorno Elisa apre l’armadio, prende i pantaloni del padre, nella tasca c’è qualcosa. Il respiro si ferma, infila la mano. Eroina. Quella stronza. Ancora. Elisa si sente morire. Affronta il padre, lo graffia, gli tira i capelli, gli vomita addosso tutta la rabbia che ha dentro. È distrutta, svuotata, ma non si tira indietro. Il padre cade, lei è lì, lo aiuta a rialzarsi. È il 2020. Elisa ha 23 anni. È rimasta indietro su tutto per stare vicino al padre. A volte guarda i suoi coetanei e si sente una fallita. Ma il suo papà è vivo e pulito da 2 anni. E allora tanto basta. Andranno avanti, insieme.
Lei è Elisa
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