Lei è Eleanor. Nasce nel 1917 nel Bronx, negli Stati Uniti. È una bambina, osserva il padre mentre scola una bottiglia dietro l’altra, un giorno lo vede uscire, non torna più. La madre fa la centralinista e la cameriera. Eleanor cresce con i nonni. Ha 8 anni. Fa un giro in bicicletta, al suo fianco il fedele cagnolino. D’improvviso vede un’ombra scura piombarle addosso. Il cagnolino è a terra, non si muove. Eleanor si sente soffocare. Un ramo si è staccato dall’albero e l’ha presa in pieno. Cerca di liberarsi, ma è troppo pesante. Aiuto non sente le gambe! Vanno in ospedale. I medici sono seri, i nonni piangono. Ha la spina dorsale fratturata, non potrà camminare mai più. Eleanor è disperata. Torna a casa dopo mesi. Indossa un terribile busto. Non lo sopporta. Più le dicono che deve rassegnarsi, più si arrabbia. Stringe i pugni. La riabilitazione è lunga. Eleanor prova così tanto male che teme di impazzire. I nonni e la mamma la pregano di fermarsi. Eleanor urla dal dolore, e dalla rabbia. Riesce a passare dal busto alla sedia a rotelle. Ma si sente ancora in gabbia. Si alza, cade, striscia fino alla sedia, si aggrappa con le mani, fa forza sulle braccia, e si rimette in piedi. Riprova all’infinito. Finché un giorno riesce a fare un passo tutto da sola. Continua fino a quando la sedia a rotelle se ne va in soffitta. Anche le stampelle durano poco. Eleanor riprende a camminare con le sue gambe. Per festeggiare va al cinema. Resta a bocca aperta davanti ai passi leggiadri di Ginger Rogers e Fred Astaire. Eleanor comincia a ballare. Le danno della matta, ma le gambe si muovono alla perfezione. Eleanor è brava, e canta pure. Entra in uno show di Brodway. Il coreografo è colpito, le procura altri ingaggi. Eleanor cambia nome. Adesso è June Allyson. Canta, balla, recita in un film. Le sue gambe fanno perdere la testa a milioni di americani. Eleanor ripensa alle parole dei medici, e sorride. Tutto è possibile, basta volerlo.
Lei è Eleanor
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