Lei è Augusta. Vive a Freetown, in Sierra Leone. Ha 12 anni. I genitori muoiono, lei resta sola, si fa avanti un parente. Stai tranquilla piccola, mi prenderò cura di te. La porta a casa, e la prende a mazzate, giusto per mettere le cose in chiaro e farle capire chi comanda. Poi la costringe a vendere cibo in strada, e se non guadagna abbastanza, sono botte. Augusta stringe i denti finché non ce la fa più, scappa. Non ha un soldo, dorme dove capita, si nutre con quello che trova per terra. È notte. Sta camminando, una macchina accosta. Quanto vuoi? Augusta capisce, preferirebbe morire, ma non mangia da giorni. Si sente sporca, umiliata. Non vede alternative. Finisce nel giro della prostituzione minorile, diventa un pezzo di carne buttato per strada. Il primo che passa la prende, la mastica e la sputa. Passano due anni. Augusta è seduta per terra, si sente vuota, vorrebbe solo morire. Un uomo le tende la mano. Se vuoi posso aiutarti. Lei non ci crede, ma non ha nulla da perdere, lo segue. L’uomo è un missionario, la porta in un centro religioso, Augusta si lava, indossa degli abiti puliti, mangia un pasto caldo, scoppia a piangere. Conosce altre ragazze, si sente capita, amata. Le offrono la possibilità di studiare, non ci pensa due volte. Si mette sui libri, è la migliore della classe, fa uno stage in un ristorante, scopre un amore nascosto per la cucina. Si guarda allo specchio, per la prima volta non si fa schifo, è fiera. Gira per associazioni e centri di accoglienza, racconta la sua storia. Vuole farsi portavoce di un messaggio. Non bisogna mai arrendersi, la vita offre a tutti una seconda possibilità. Augusta sente che è pronta per dare un senso compiuto alla sua esperienza, deve fare qualcosa di concreto. Torna a Freetown, la sua città natale, e apre un ristorante. Finalmente è felice, si sente realizzata, ha trovato il suo posto nel mondo. Sarebbe tutto perfetto. Non sta bene, fa degli esami, ha l’Aids. Non è sorpresa, se lo aspettava, perché certe cicatrici non si rimarginano. Continua a lavorare, non si ferma. È il giugno del 2020. Augusta Ngombu muore, a 23 anni. Lei non c’è più, rimane il suo ristorante, dove c’è sempre un pasto caldo per chi ha bisogno.
Lei è Augusta
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