Lei è Arianna. Nasce a Roma nel 1992. È una bambina. Mamma e papà la portano in piscina. Arianna puccia i piedini nell’acqua, ride come una matta. Non vuole più uscire. Si sente libera, se stessa. Segue un corso. Bracciata dopo bracciata, cresce. È minuta, forte e aggraziata insieme. Guarda le atlete del nuoto sincronizzato, le osserva muoversi a tempo. Guarda i loro sorrisi, le coreografie, i costumi colorati, il trucco perfetto. Prova una felicità immensa. Vuole essere come loro. Qualcuno le fa notare che ha la sindrome di down, dove pensa di andare? Arianna ride. Per il momento sott’acqua, poi chissà. Si allena di più. Con costanza. Con volontà. Il nuoto sincronizzato diventa tutta la sua vita. È il 2016. Arianna ha 24 anni. Vince la medaglia d’oro ai Trisom Games. Sono giochi nati per permettere agli atleti con sindrome di down di gareggiare, dopo l’esclusione dalle Olimpiadi. Arianna è felicissima, ma vuole spingersi ancora più in là. Il suo atleta preferito si chiama Giorgio Minisini. Arianna ha passato ore intere davanti ai video delle sue performance, sarebbe bellissimo poter entrare in acqua con lui. Il solito coro di voci prova a ricordarle che quelli come lei non possono gareggiare alla pari con gli altri. Arianna ride di nuovo. Entra a far parte di un progetto che promuove l’inclusione nello sport. Si allena giorno e notte, finché conosce Giorgio. Parlano del suo sogno, Arianna ha il cuore batte a mille. Giorgio è entusiasta. Entrano in acqua. Arianna trema, ma la sincronia con Giorgio è incredibile. Scherzano. Si divertono. Si allenano. Provano e riprovano la coreografia. Arianna non smetterebbe più. È il 2018. Arianna e Giorgio volano in Giappone a un festival di nuoto sincronizzato. Non sono gare, ma esibizioni. Arianna si avvicina al bordo della piscina. Chiude gli occhi. Fa un respiro profondo. Sente Giorgio accanto a sé. Volare di Domenico Modugno si espande nell’aria. Arianna entra in acqua. Disabilità, muri, barriere, in un istante crolla tutto. È solo Arianna. Libera. Felice.
Lei è Arianna
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