Lei è Arianna. Vive a Napoli. Studia per diventare avvocato, fa l’educatrice in oratorio. Ama l’arte, vorrebbe viaggiare, conoscere, ma non trova nessuno che condivida la sua passione. È il 2018. Ha 29 anni. In oratorio arriva Nicola, le darà una mano con i bambini. Arianna lo scruta, è un tipo interessante. Scopre che è un orafo, appassionato di arte e di storia, le confessa che vorrebbe visitare i campi di concentramento. Arianna non riesce a crederci. Anche io! Ha trovato qualcuno che la capisce. Scocca la scintilla. Mano nella mano girano per Napoli, visitano chiese e musei, trascorrono ore nei mercatini dell’antiquariato, ogni loro uscita è un tuffo nel passato. Insieme vanno in Polonia, entrano ad Auschwitz e Birkenau, Arianna osserva valigie, pettini, anelli, quegli oggetti carichi di storia e ricordi le entrano dentro. È l’ottobre del 2019. Nicola la chiama. È stato in un mercatino, ha una cosa interessante da mostrarle. Arianna non vede l’ora, dopo la mina della seconda guerra mondiale, si aspetta di tutto. Questa volta è una cornice vintage con i cherubini. Dentro c’è una vecchia foto in bianco e nero. È il ritratto di un ragazzo. Arianna la toglie, fa per buttarla, si blocca. Dietro c’è una dedica. Ad Ada offriamo con vivo affetto la fotografia di Nino nostro, che non tornerà più, Mietta e Costabile Verrone. Sono i genitori. Arianna fissa il volto di quello sconosciuto, sembra così buono. Fa delle ricerche. Domenico Verrone risulta tra i dispersi in Slovenia durante la prima guerra mondiale. Arianna tocca la foto, sente sulla sua carne il dolore della madre, del padre e della fidanzata, che lo hanno aspettato invano. Contatta sui social tutte le persone con quel cognome. Nulla. Arianna non si arrende, continua a cercare, nel frattempo lei e Nicola conservano la fotografia di Domenico in casa, lo chiamano con affetto Annino, di tanto in tanto dicono una preghiera per lui, come fosse un vecchio parente, uno di famiglia.
Lei è Arianna
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