Lei è Alessandra. Nasce nel 2000 a Santa Lucia di Piave, in provincia di Treviso. È una bambina vivace, le piace ballare, saltare, non sta ferma un attimo. Ha 6 anni. La madre le fa una sorpresa, la iscrive a un corso di breakdance. Alessandra salta di gioia, ma è troppo piccola per quel tipo di danza, si ammala spesso, è costretta a smettere. Si iscrive a nuoto, per irrobustire il fisico. Ma la breakdance le resta nel cuore. Alessandra ha 12 anni. L’età giusta, ricomincia a ballare. Intanto studia, è una brava studentessa, fa il suo dovere. I compagni però la guardano male. Ha i capelli corti, si veste male. È diversa. La prendono per il culo. La maltrattano. Le scrivono lettere piene di insulti. Se vuole essere una di loro, deve piegare la testa, portare i loro zaini, fare i loro compiti. Deve stare zitta e prendere voti bassi. E si deve beccare anche le note. Alessandra vuole essere come gli altri. Non vuole stare sola. I compagni la mettono all’angolo. La bullizzano. Lei accetta i soprusi. Manda giù palate di merda. Non ne parla con nessuno. Passano degli anni. La madre trova le lettere. Legge. Rilegge. Non riesce a credere ai suoi occhi. È preoccupata per la figlia, si rivolge a degli psicologi. Ma Alessandra si chiude a riccio, non vuole parlare. La spingono a trovare qualcosa che le permetta di sfogarsi. Alessandra ha solo una cosa. La danza. Quando balla è felice. È se stessa. Basta. Alessandra non vuole più chinare la testa davanti a nessuno. A scuola è sola, meglio così. Sceglie un nome d’arte. Bgirl Lexy. Un incrocio tra il suo nome e quello di Xena, la principessa guerriera. Si allena 4 ore ogni giorno, la danza diventa la sua compagna di vita. È il febbraio del 2019. Ha 18 anni. La breakdance debutta alle Olimpiadi giovanili di Buenos Aires. Alessandra vince la medaglia d’argento. Il presidente Sergio Mattarella la nomina alfiere della Repubblica. Per il suo esempio positivo. Alessandra Cortesia sorride, è rinata. Grazie al ballo ha trovato il suo posto nel mondo.
Lei è Alessandra
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