Nel 2020 si è sposata con Luisa Zampiceni, ex comandante della polizia locale dello stesso Comune.
Al ritorno dal viaggio di nozze, Federica è stata esautorata, privata dell’incarico e costretta ad andare a lavorare in un minuscolo municipio tra le montagne, a 50 chilometri e un’ora di auto da casa.
Anche la moglie è stata costretta a trasferirsi.
Federica non si è rassegnata, ha fatto ricorso contro l’allontanamento, dovuto a suo dire al suo orientamento sessuale.
Dopo due anni la Corte d’Appello di Brescia le ha dato ragione: ha ribaltato la decisione di primo grado e ha condannato il Comune a risarcire Federica di tutti i danni procurati.
Per i giudici il suo allontanamento è stato dovuto a una “discriminazione fondata solo sul suo orientamento sessuale”.
“Finalmente avevo trovato il coraggio di rendere pubblica la mia relazione con Luisa e ci eravamo unite civilmente.
L’ho comunicato alla sindaca e le ho chiesto i giorni per il viaggio di nozze, non mi è sembrata contraria, anzi.
Ma per qualcuno nella giunta era inaccettabile l’unione tra donne in posizioni centrali del Comune. E il fastidio si è percepito subito.
Al ritorno dal viaggio di nozze il clima era cambiato, una certa indifferenza aveva preso il posto della condivisione ma non ho voluto darci peso.
Poi quando attendevo la conferma nel mio incarico, è arrivata la mazzata: dovevo trasferirmi in un altro Comune, senza spiegazioni.
Mi sono sentita umiliata e impotente. Anche Luisa sul lavoro veniva bersagliata con vessazioni continue.
Sono arrivata a pensare che avevamo sbagliato tutto. Per fortuna c’è sempre stata lei, che è più forte, altrimenti non sarei riuscita a superare quel momento.
Abbiamo combattuto da sole. Gli unici a manifestarci solidarietà sono stati gli ex colleghi di Luisa, gli agenti della polizia locale che lei comandava.
Ora abbiamo vinto, ma ne esco con le ossa rotte. L’Italia deve cambiare, è un Paese ancora troppo indietro in materia di diritti civili”.