Lui è Benjamin. Ha 10 anni, vive a New York. È autistico, questo l’ha capito. I compagni e le maestre lo ripetono spesso. Dicono anche che però non sa cosa vuol dire. Benjamin fissa il cielo, parla poco. È in classe. L’insegnante assegna un compito. Scrivere una poesia intitolata Io sono. Benjamin sente qualcosa bruciargli nel petto. Prende la penna, e apre il cuore. Vuole far capire a tutti quello che ha dentro.
“Io sono strano, sono nuovo,
Mi chiedo se tu sei lo stesso.
Sento le voci nell’aria
Vedo che tu non le senti, e questo non è giusto.
Non voglio sentirmi triste
Io sono strano, sono nuovo
Fingo che lo sia anche tu.
Mi sento come un bambino nello spazio profondo
tocco le stelle e mi sento fuori posto.
Mi preoccupo di quello che pensano gli altri
Piango quando le persone ridono, mi fa chiudere in me stesso.
Io sono strano, sono nuovo
Capisco adesso che lo sei anche tu.
Mi sento come un naufrago
Sogno che un giorno questo non sarà sbagliato
Intanto cerco di farmelo andare bene.
Spero che un giorno ci riuscirò
Io sono strano, sono nuovo”.