Lui è Yvon. Vive in California. Ama il mare, le onde, stare in mezzo alla natura. Salta le lezioni per andare a surfare. Ha 14 anni. Fa un corso di arrampicata. Scala la roccia a mani nude, si cala giù per la Falesia, resta estasiato la prima volta che vede i nidi dei falchi. Yvon fa tanta pratica, diventa un esperto scalatore, ma l’attrezzatura costa. Va da un rigattiere, acquista una fucina a carbone, un’incudine, pinze, martelli e fa da solo. Forgia chiodi da mettere sotto gli scarponi per dieci ore al giorno. Li usa per se stesso, per gli amici, poi la voce si sparge e comincia a venderli. Con il ricavato si paga nuove escursioni sulle montagne più alte del mondo. Passa qualche anno. Yvon si mette in società con un amico, fonda un marchio, in breve tempo diventa leader nel settore dell’arrampicata. Yvon è una leggenda dell’alpinismo e un’imprenditore di successo. Ha tutto. Un giorno, mentre tiene in mano uno dei suoi chiodi, un pensiero gli attraversa la mente. Quegli aggeggi sono utili all’uomo, ma lasciano dei buchi nelle rocce che a lungo andare rovineranno le montagne. Yvon è sconvolto. Una cosa così piccola può fare un danno enorme alla natura. Dice addio al ferro, all’acciaio, basta con quella robaccia. Quel piccolo chiodo ha scardinato la porta della sua mente. Sforna attrezzature solo con materiali sostenibili. Devolve l’uno per cento delle vendite alla cura e al ripristino dell’ambiente naturale. Crea un’organizzazione no profit per incoraggiare le industrie a imitarlo. Vuole che i suoi dipendenti abbiano orari flessibili per poter andare a surfare, scalare, godersi i figli e la natura. Incoraggia i clienti a non acquistare nuovi prodotti. Aggiustate i vecchi, non sprecate. Ride quando gli parlano di profitto. Essere imprenditori non significa fare soldi, ma investirli nel modo giusto, con responsabilità. Oggi Yvon ha 83 anni. Le azioni della sua società valgono tre miliardi di dollari. Le ha cedute tutte a un fondo per la tutela dell’ambiente. La vera ricchezza è vivere in un pianeta bello e sano.
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