Lei è Justyna Wydrzynska, vive in Polonia.
Nel suo paese c’è una legge molto severa sull’aborto: è legale solo in caso di conclamato stupro o rischio grave per la salute della donna.
Altro non è contemplato.
Justyna pensa invece che una donna debba avere il diritto di scegliere.
È un’attivista, protesta nelle piazze e collabora con una associazione pro aborto.
È stata appena condannata a 8 mesi di lavori socialmente utili per aver aiutato una donna vittima di violenze e abusi da parte del marito a interrompere la gravidanza.
Nel suo paese c’è una legge molto severa sull’aborto: è legale solo in caso di conclamato stupro o rischio grave per la salute della donna.
Altro non è contemplato.
Justyna pensa invece che una donna debba avere il diritto di scegliere.
È un’attivista, protesta nelle piazze e collabora con una associazione pro aborto.
È stata appena condannata a 8 mesi di lavori socialmente utili per aver aiutato una donna vittima di violenze e abusi da parte del marito a interrompere la gravidanza.
“Sono favorevole all’aborto, anche se nel mio paese è illegale.
Collaboro con un’associazione che aiuta le donne a interrompere la gravidanza.
Una di loro aveva subito violenze domestiche da parte del marito ed era rimasta incinta.
Voleva abortire. Era pronta ad andare in Germania, ma a causa del covid non è riuscita, così mi ha chiesto aiuto.
Ho deciso di darle la pillola. Il marito mi ha denunciata.
Sono stata condannata a 8 mesi di lavori socialmente utili, ma non ho paura della sentenza.
Non mi lascerò intimidire da quei politici che vogliono tapparci la bocca.
Non mi sento colpevole. So di essere nel giusto.
Continuerò a impegnarmi a favore del diritto all’aborto”.