Entrambi pizzaioli, dopo il lavoro si erano seduti sul lungomare a Mergellina, a mangiare noccioline.
Poco lontano è scoppiata una rissa: un ragazzo avrebbe pestato una scarpa a un altro e qualcuno ha sparato dei colpi.
Francesco Pio è stato colpito per caso.
È morto tra le braccia del suo amico Carlo, che non riesce a farsene una ragione.
È successo al suo amico, poteva succedere a chiunque.
Solo perché per sentirsi forte, qualcuno ha bisogno di tenere una pistola in tasca.
“Eravamo fratelli, stavamo sempre insieme. Pure io faccio il pizzaiolo, parlavamo di aprirci un locale lontano da Napoli. Magari ce ne fossimo andati da qui.
Stavamo a un tavolino, avevamo comprato le noccioline, quando abbiamo sentito degli spari, ma erano lontani.
Pensavo fosse svenuto per la paura. Cercavo di tirargli fuori la lingua per non farlo soffocare.
Invece teneva un buco in petto. Un buco piccolissimo, che però l’ha ucciso. Non me lo dimentico più. L’ho visto morire tra le mie braccia.
Tutto questo è successo perché un ragazzo, per sentirsi forte, ha bisogno di tenere una pistola in tasca.
A diciotto anni esco per stare sereno con gli amici, invece devo avere paura perché si può essere ammazzati, senza nemmeno sapere da chi e perché.
Anche se sono uno tranquillo come lo era Pio. Anche se mi siedo a mangiare noccioline sul lungomare posso essere ucciso. Che vita è questa?
Era troppo un bravo ragazzo, ha sempre lavorato, diceva con orgoglio di aver fatto più mestieri di suo padre.
Poi all’improvviso succede quello che è successo. E che ti rimane? Niente. Se Pio è morto così, allora veramente la vita è inutile”.