La pubblica amministrazione che l’ha selezionata fa sapere che non c’è nessun problema, cercheranno subito una sostituta per la maternità. Vogliono lei, la sua esperienza e competenza. Martina è felicissima, invia tutti i documenti necessari, riorganizza la sua vita per iniziare il lavoro. La lettera di assunzione però non arriva. L’agenzia la tranquillizza, è colpa della burocrazia. È il 13 ottobre. Mancano due settimane all’inizio. Il telefono squilla. Ci dispiace molto, hanno cambiato idea, non possono assumerti perché sei incinta. Martina resta di sasso. Quelli della pubblica amministrazione hanno tirato in ballo dei sopralluoghi da fare nei cantieri, e lei non è idonea.
Martina si arrabbia. Si era candidata per un ruolo nella gestione credito di immobili demaniali occupati abusivamente, le competenze richieste erano esperienza nel settore e capacità di usare alcuni programmi specifici, nessuno ha mai parlato di sopralluoghi nei cantieri, né su carta, tantomeno al colloquio. Possibile che spunti fuori solo e proprio ora? L’agenzia non sa cosa dirle. Martina si sente presa in giro. Svilita nella sua professionalità e discriminata. Poteva tenere la gravidanza per sé, comunicarla solo a cosa fatte. Ma perché una persona deve essere costretta a tanto? Lo Stato si riempie la bocca di belle parole e proclami. Bisogna fare figli, incentivare la natalità. La realtà è che Martina si è sentita le gambe tagliate. Aspetta una bambina, spera per il futuro di sua figlia che qualcosa cambi davvero.