Lui è Luca. Vive ad Adelfia, in Puglia. Mette in fila gli oggetti, li fa ruotare, resta fermo per ore a osservarli. Di tanto in tanto sente che mamma e papà lo chiamano. Luca non risponde, è concentrato. Va in un posto pieno di persone con il camice bianco. Qualcuno pronuncia una parola. Autismo. Sembra una cosa brutta. Luca prende dei pastelli, disegna fiori e alberi. Sorride. I colori lo mettono di buon umore. Continua a disegnare, a casa, a scuola. Le persone ripetono quella parola, parlano di limiti e difficoltà. Luca è infastidito, non capisce. Quando impugna matite, e pennelli, si sente libero di volare. È se stesso. Riempie un album dietro l’altro, prova nuove tecniche, sperimenta altri stili. Le sue mani si muovono sicure sulla tela. Parenti e amici dicono che è bravo. Ora la parola che sente più spesso è artista. Luca è felice. Realizza dei paesaggi, ci mette sempre il sole che splende, perché è così che si sente. Un giorno il suo papà indica lo schermo del computer. Dice che sta realizzando un sito. Luca scruta il monitor, si illumina. Ci sono tutti i suoi disegni! Abbraccia il padre, poi corre alla scrivania, riempie tutti i fogli che trova. Oggi Luca ha 22 anni, si è trasferito in Umbria con la famiglia. Frequenta una scuola per migliorare la tecnica. La sera si siede vicino al papà, aggiornano il sito che ormai ha quasi 3 mila disegni, leggono insieme i commenti alle sue opere. Il padre dice una di quelle comparirà sui biglietti della lotteria. Figlio mio, quello che stai facendo è importante, può dare speranza a tanti ragazzi e tante famiglie che si sentono in trappola e pensano di non avere possibilità. Luca sorride, poi torna a dipingere. Autismo è solo una parola.
Dipingo per dire ai ragazzi autistici come me: fregatevene dei giudizi, siate voi stessi
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