Lei è Aurora. Vive in Texas, negli Stati Uniti. Abita con il padre. La madre non c’è. Sa che si trova in carcere. L’ha messa al mondo dietro le sbarre, poi non l’ha più vista. Aurora non sa neanche che faccia abbia. Cerca di non pensarci, ma ogni santo giorno è costretta a spiegare, giustificarsi, non sa neanche per cosa. I compagni la chiamano galeotta. I professori puntano il dito. Il sangue non mente, farai la stessa fine di tua madre. Aurora studia il doppio degli altri, prende buoni voti. Può essere brava finché vuole, ma resta sempre la figlia della carcerata. Freme dalla rabbia. Ha voglia di spaccare tutto, urlare. Forse gli altri hanno ragione. Aurora ha paura. Un giorno vede un annuncio sulla bacheca della scuola. Una psicologa è a disposizione degli studenti. Aurora si presenta alla sconosciuta. Sono figlia di una carcerata. La fissa negli occhi, è pronta a scorgere del giudizio velato. Quella donna la prende per mano. Stai tranquilla, non sono qui per giudicarti, ma per ascoltarti. I suoi occhi sono buoni, dolci, guardano oltre l’etichetta, arrivano dove nessuno si è mai spinto. Aurora si sente nuda, libera di essere se stessa. È bellissimo. Racconta gli anni passati ad aspettare una mamma che non è mai arrivata, a farsi carico di un passato che non è suo. Butta fuori tutto, per ore, giorni, poi si ferma. La mente è sgombra, il cuore leggero. Non ha più rabbia, né rancore. Ha solo tanta voglia di credere in se stessa. Aurora ricomincia da capo. Si scolla di dosso quell’etichetta e tira fuori la donna che è. Scopre l’amore per lo studio, e per il Diritto. Vuole andare in tribunale, lottare per i giovani. Piazza la testa sui libri. La rialza solo per fare domanda all’università di Harvard. Qualcuno ride. Aurora ascolta il cuore. Dopo mesi riceve la risposta. Legge e piange di gioia. È maggio. Aurora ha 18 anni. Ritira il diploma. Si lascia alle spalle tutte le persone che aspettavano il suo fallimento, e va incontro al suo futuro. L’università dei suoi sogni l’aspetta.
Dicevano che sarei finita in prigione come mia madre, si sbagliavano: andrò ad Harvard
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