Il 5 gennaio era a tavola con i familiari quando il vicino, Gezim Dodoli, ha assaltato la sua casa a bordo di una ruspa.
Ha distrutto e bloccato la porta. Erano in trappola.
Sandro ha preso il fucile per spaventarlo, ma quello ha continuato a colpire.
Sandro ha sparato due, tre colpi e l’ha ucciso.
Ha passato quattro giorni in carcere. Dovrà affrontare un processo con l’accusa di omicidio volontario, o eccesso di legittima difesa.
Sandro parla a fatica, piange, si dispera. Non si spiega il gesto di quell’uomo, c’era stata un discussione il mese prima, poi basta, continuavano a salutarsi.
Sandro è un uomo distrutto, ma come dice al Corriere, non si sente colpevole.
Doveva salvare la sua famiglia, non aveva scelta.
“Sono un uomo disperato anche se convinto d’essere innocente. Ho agito per salvare la mia famiglia.
Quell’uomo stava facendo crollare la nostra casa, eravamo in trappola come topi. Non avevo altra scelta che sparare.
Eravamo in sette a tavola per festeggiare l’Epifania, a un certo punto abbiamo sentito un frastuono.
Il mio vicino si stava scagliato con la ruspa contro la mia casa. Aveva bloccato la porta, l’unica via d’uscita. Eravamo in trappola.
Gli urlavo di andare via ma non si fermava. La casa tremava perché aveva iniziato a distruggere il tetto. Tutti gridavano terrorizzati.
Ho preso il fucile da caccia, volevo spaventarlo. Ho sparato il primo colpo di avvertimento a terra, ma lui non si è fermato.
Gli infissi della casa si muovevano, cadevano calcinacci. I miei familiari gridavano disperati. Ho sparato ancora.
Miravo in basso sperando di ferirlo alle gambe. A un tratto la ruspa si è fermata.
Ho salvato le vite della mia famiglia e la mia. Ma a un prezzo altissimo. Piango ancora per quell’uomo, però ripeto: non c’erano altre possibilità”.