Lei è Beatrice. Ha 18 anni. Vive a Como, in Lombardia. Lavora come cameriera, è brava, instancabile, ma dopo qualche mese il titolare la prende da parte. Ci dispiace, non abbiamo più bisogno. Beatrice fa domanda in locali e negozi. Qualcuno la assume, ma scaduto il contratto tanti saluti. Continua a cercare, salta da un lavoro all’altro, intanto va a convivere con il fidanzato. Avere una casa sulle spalle rende tutto più complicato, ma Beatrice vuole essere autonoma. Dopo l’ennesimo licenziamento inizia a disperare. Sente dire che i giovani non hanno voglia di lavorare, è colpa loro se l’Italia va a rotoli. La rabbia le monta dentro. Sono anni che lavora senza sosta, senza vedere il mare neanche di striscio. Eppure non si lamenta. Vuole rimboccarsi le maniche. Passa le sue giornate a spulciare i siti internet delle aziende. Trova tantissime offerte, invia più di trenta curricula al giorno. Rispondono in quattro gatti. Quando va bene offrono 700 euro al mese per quaranta ore la settimana. Beatrice non ci sta a dare il suo consenso a un sistema che reputa ingiusto, non vuole farsi sfruttare. Desidera un lavoro più di ogni altra cosa al mondo, ma non a scapito della sua dignità. Stringe ancora di più la cinghia. Si sfoga con gli amici. Non è l’unica. Tanti sono nella stessa situazione. Stanno cercando in tutti i modi di farsi sentire. Beatrice lotta anche per loro. Oggi ha 21 anni, fa la commessa, spera che sia la volta buona. Non si arrenderà mai. Non riesce a togliersi dalla testa che qualcosa va fatto, qualcosa deve cambiare. Nessuno deve dimenticarsi dei giovani che sgomitano per trovare il loro posto nel mondo. Che si arrabattano tra contratti a scadenza, stipendi da fame e poche tutele. Nessuno deve dimenticare che stanno costruendo la loro vita su fondamenta di sabbia. Beatrice ne è sicura. L’Italia deve rendersi conto che i ragazzi come lei non sono un peso, sono il futuro.
Cerco lavoro, trovo solo contratti da 8 ore al giorno per 700 euro. Ma non mi arrendo
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