Lui è Alessandro, ha 10 anni. Deve scegliere uno sport. I genitori consigliano nuoto, rafforzerà corpo e spirito. Alessandro si tuffa in acqua. Fa una bracciata, poi un’altra. Un’energia nuova lo pervade, gli piace da impazzire. Non salta un allenamento. Vince tante gare, inizia la carriera agonistica, punta in alto. È il 2020. Alessandro ha 19 anni. È nel giardino di casa, sta tagliando i rami di un albero. Di colpo gli gira la testa, la vista si appanna, cade a terra. Il dolore è lancinante. Non riesce neanche a urlare. Alessandro perde la cognizione del tempo. Si risveglia in ospedale. È caduto da nove metri, ha rotto due vertebre, gli hanno messo delle viti nella schiena, non riesce a muoversi. Solo una cosa gli interessa. Tornerò a nuotare? I medici sono cauti. Sì, ma con tanto impegno. Alessandro torna a casa. Deve stare immobile, ha perso la sua autonomia, i suoi sogni, e anche tanti amici. Persone su cui credeva di poter contare nel momento del bisogno, gli hanno voltato le spalle. Si sente inutile. Impiega due anni, alla fine si rimette in piedi. La sua testa va subito lì, al nuoto. Vorrebbe riprendere, ma è passato tanto tempo, non ha più fiducia in se stesso. Alessandro vorrebbe un amico, qualcuno che gli dicesse puoi farcela. Ha solo se stesso. Immerge una mano nell’acqua. Sente di nuovo quella scossa, quell’energia primordiale, quella fame di vita. E di nuoto. Ricomincia da capo. All’inizio è difficile, la schiena è irrigidita, la mente è bloccata. Odia fare tutto lentamente, ma non molla. Oggi Alessandro ha 22 anni. Il nuoto è la sua vita. Ma non è più come prima. È meglio. Ora sa che se cade, può rialzarsi, con le sue forze. Crede in se stesso, e niente lo può fermare. Il vero fallimento è arrendersi, gettare la spugna senza aver tentato. Se lo ripete ogni volta che partecipa a una gara. Cerca di trasmetterlo a tutti quei giovani che pensano di non avere più possibilità.
Cade da un albero, bloccato a letto per due anni, perde tanti amici, nuota e riemerge
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